Beni culturali e architettonici

Palazzo Grammatico (1722)
Presenta sulla facciata mensole e decorazioni in pietra a fiorami e rosoni. Il portale ad arco è costituito da lastre in pietra scolpite di varia grandezza ed è sormontato dallo stemma gentilizio.

Palazzo Acciari (1735)
Monumentale edificio appartenuto alla famiglia omonima. Degno di attenzione è l’ingresso, adornato con due colonne coronate da capitelli compositi e da mascheroni, col portale e con una straordinaria teoria di stemmi da cui sarebbe possibile ricostruire, in via araldica, la complessa storia della famiglia che, di probabili origini spagnole, si stabilì, verosimilmente a Sala intorno alla seconda metà del Seicento. Una piccola loggia con balaustre in pietra sormonta tale ingresso.

Palazzo Bove (sec. XVII)
Figure araldiche e ornamentali sono impresse sulla pietra del portale.

Palazzo Vannata
Ubicato nei pressi della chiesa di S. Pietro Apostolo, fu costruito alla fine dell’800, dalla famiglia Vannata. E’ a forma di castello con torrioni merlati.

Grancia di San Lorenzo
Si trova al termine di corso Cavour. E’ una struttura edilizia di vaste dimensioni, forse risalente alla prima metà del secolo XVI. Fu realizzata per le esigenze collegate all’amministrazione del vasto patrimonio fondiario della Certosa di Padula, da cui la Grancia di Sala dipendeva.

Castello Normanno
Attraverso un sentiero, percorribile solamente a piedi, si giunge all’antica rocca.
Il Castello è posto sulla sommità di una collina, rimanendo isolato rispetto all’antico borgo di Sala Consilina. La sua costruzione si deve al duca normanno Roberto il Guiscardo e risale all’anno 1000. E’ probabile, tuttavia, che l’impianto originario sia precedente all’età normanna.
Successivamente, nel 1230, fu concesso da Federico II di Svevia alla famiglia di Tommaso I Sanseverino.
Federico II, avendo Tommaso I partecipato alla congiura dei Baroni, ne ordinò la distruzione e trucidò l’intera famiglia.
Il castello fu ricostruito intorno al 1250 e, nel 1497, fu assediato da Federico d’Aragona e subì una ulteriore distruzione.
Nel 700 l’interno fu trasformato in chiesa, tuttora esistente, dedicata alla Madonna della Consolazione, detta Madonna di Castello, chiesa che contiene una tela, settecentesco rifacimento di un’opera più antica, raffigurante la Madonna col Bambino.
Rilevanti sono ancora i resti delle torri di cinta nonché tratti delle mura.

Chiesa di S. Stefano
La sua fondazione risale ai primi anni del secolo XII, in contesto normanno. Presenta all’interno una sola navata cui si affiancano quattro cappelle. Sull’altare maggiore, realizzato in marmi policromi, vi è una tavola del 1610 del pittore lucano Giovanni Di Gregorio detto il Pietrafesa, che raffigura la Madonna della Consolazione con i santi Agostino, Stefano, Maria Maddalena e Monica. Dello stesso maestro è la tela posta nella prima cappella a destra raffigurante Maria delle Grazie tra S. Onofrio e S. Carlo Borromeo. Le pareti della navata sono decorate con storie del vecchio testamento di Anselmo Palmieri. . Tra le opere d’arte della chiesa vanno pure ricordate la balaustra in pietra locale con due putti alati, forse opera di Andrea Carrara di Padula (sec. XVIII); il ciclo di pitture intervallato ai finestroni, di mano del pollese Anselmo Calmieri (sec. XVIII), alcune statue lignee, produzioni del napoletano Domenico Venuta (sec. XVIII).
Nella casa canonica una Madonna degli Angeli del XVI secolo attribuita al maestro di Massa Lubrense.

Chiesa di Sant’Eustachio
Un’autorevole notizia, tramandata dall’erudito giureconsulto Domenico Alfeno Vairo (secolo XVIII), assegna la sua fondazione al 1130, in età normanna. L’edificio ed il campanile attuali sono tuttavia di epoca moderna, riportando visibilmente i segnali di rifacimenti effettuati nei secoli XVII-XVIII. Particolarmente significativo appare l’elegante portale di pietra di Padula.

Chiesa di San Pietro
Ricostruita ex novo negli anni Cinquanta del secolo passato, dopo che era stata distrutta dai bombardamenti del ’43, conserva traccia del suo passato barocco nell’archivio parrocchiale. Di particolare importanza sono alcuni frammenti dei secoli XI-XIII in scrittura beneventana e una sessantina di pergamene, contenenti atti privati o di autorità ecclesiastiche, relativi a un arco cronologico compreso tra il 1457 e il 1783.

Cappella di S. Giuseppe
Si trova oltre la Grancia certosina. L’edificio, fondato nella prima metà del settecento dalla famiglia Bigotti, presente a Sala sin dal secolo XV, rappresenta uno degli esempi più rilevanti dell’architettura barocca nel Vallo di Diano. L’esterno è decorato da lesene e capitelli corinzi. Nella parte superiore l’eleganza delle volte documenta le capacità tecniche ed artistiche degli scalpellini nella lavorazione della pietra locale. L’interno è decorato con stucchi. L’altare è di tarsie di marmo policromo.

Santuario di S. Michele (a cura della Scuola Media di Sala Consilina)
Sorge sulla cima della “Balzata”, a pochi chilometri da Sala Consilina.
Su questo monte, il 17 maggio del 1715, si registrò un evento miracoloso: in un’antica cappella dedicata a San Michele, da un’immagine sacra dell’Arcangelo, ivi dipinta, mentre si celebrava la messa, sgorgarono goccioline di liquido prodigioso (resudazione). Questo liquido, la “manna” è custodito in due ampolle conservate nella chiesa della SS.Annunziata. Il miracolo fu considerato segno inequivocabile della protezione del santo sulla città e sulla popolazione.
Da allora San Michele sostituì San Biagio come protettore di Sala e si volle edificare un tempio più grande, sulle cui pareti furono apposte varie epigrafi commemorative, che ricordano le fasi della costruzione.
Sul prospetto si segnala la memoria del vescovo Giocoli, che nel 1720 fece costruire una cisterna per l’acqua; all’ingresso della chiesa vi è una lapide, posta dai prefetti Costantino Gatta e Domenico Giliberti nel 1721, in ricordo del miracolo del 1715; al di sotto ve n’è un’altra, del 1722, posta a devozione del procuratore Gaetano Mugnolo e dell’oblato Domenico Tramonti; all’interno della chiesa, infine, vi sono due lapidi, una del 1728 e l’altra del 1807, riguardanti indulgenze, concesse dai pontefici Benedetto XVIII e Pio VII, ai visitatori del santuario.
Nel 1719 Costantino Gatta e altri due procuratori, Nicola Romano e Gaetano Mugnolo, fecero fondere una campana, mentre il vescovo Raimondi, poi, donò un bell’organo a canne che, purtroppo, fu rubato con altri oggetti d’arte nel 1982.
La chiesa, che fu rifatta dopo il disastroso terremoto del 1857, si presenta oggi a tre navate, di cui la centrale con volta a botte e le laterali con due cappelle per lato.
Ornavano gli altarini di destra e di sinistra quattro dipinti di buona fattura, che mani sacrileghe hanno asportato: essi raffiguravano la Natività, l’Annunciazione, San Carlo Borromeo e San Francesco di Sales, San Raffaele e Tobia.
Sull’altare maggiore, in marmo, vi è una statuetta di San Michele, che la tradizione vuole esservi stata portata dal Gargano dai contadini di Sala che si recavano in Puglia per la mietitura.
La parte superiore dell’altare è stata deturpata nello stesso anno 1982 con la rimozione ed il trafugamento degli angeli e dei marmi pregiati che la impreziosivano.
Pur essendo stata rifatta lodevolmente, si nota tuttavia la differenza con la parte inferiore che è originale.
Degna di particolare rilievo è l’antica sacra effigie dell’Arcangelo, dipinta sulla parete dell’abside, da cui trasudò il prodigioso liquido. La tradizione popolare vuole che questo affresco sia stato colpito da un fulmine e che abbia riportato una profonda lesione che invano in più tempi si è cercato di colmare.
Nell’affresco il Santo è raffigurato con la lancia puntata verso la bocca del diavolo; nella mano sinistra ha la bilancia : su di un piatto vi è un’anima in ginocchio, simbolo della redenzione, sull’altro un’anima che precipita, simbolo della dannazione.
Le ali dell’Arcangelo sono spiegate.
I lavori di restauro, effettuati nell’estate dell’anno 2000, hanno riportato alla luce due affreschi raffiguranti la Vergine Annunziata a destra e l’Arcangelo Gabriele a sinistra dell’abside. Entrambi , di esecuzione più recente rispetto al dipinto centrale, ricordano l’episodio dell’Annunciazione. Il volto della Vergine esprime la dolcezza la sottomissione alla volontà del Signore rappresentata dall’Arcangelo.
Il restauro ha comportato l’eliminazione di vari strati di deposito accumulatisi nel corso dei secoli ed ha messo in luce nella parte inferiore degli affreschi frammenti di tre lettere dell’alfabeto; esse avvalorerebbero la tsi di Costantino Gatta, secondo il quale ci fosse la scritta: “S.Michael Arcangele defende nos in proelio”. I colori delle decorazioni del bordo sottostante ricordano i codici miniati del Medioevo.
E’ ritornato all’antico splendore anche uno dei quattro altari in polvere di marmo risalente al settecento e, se non mancheranno i fondi, si potrà riportare il Santuario allo stato di massimo pregio.
Sull’arcata, che sovrasta l’altare maggiore, è impresso uno stemma vescovile. Infine sul soffitto è dipinta, al centro, l’immagine del Santo e, ai lati, sono raffigurati i suoi simboli: lo scudo e la bilancia, l’elmo e la spada.
Il tempio fu elevato a Santuario nel 1741.
Nella zona retrostante si eleva il campanile che contiene due campane, una del 1600 e quella del 1700, rifusa poi nel 1985.
Nel 1832 fu scolpita la preziosa statua in legno. 

Battistero di Marcelliano (o “di S. Giovanni in Fonti”)
Sul confine tra il Comune di Sala Consilina ed il Comune di Padula, è situato, in contrada Fonti, il monumento cristiano più antico e illustre del Vallo di Diano. Si tratta di un Battistero unico in Italia per la presenza di una sorgente al centro della chiesa, le cui acque raccolte in una vasca permettevano il battezzo per immersione. Rappresenta uno dei più antichi insediamenti cristiani in età costantiniana. Fu fondato da papa Marcello I nel IV secolo. Databili a quell’epoca i dipinti dei 4 evangelisti. Di esso diede una prima notizia Cassiodoro (VI secolo a.C.), quando lo descrisse in relazione alla fiera di San Cipriano che, annualmente, si svolgeva a Marcelliano, sobborgo dell’antica città romana di Cosilino. Egli descriveva come nell’antico tempio si amministrava il battesimo con l’immersione dei fedeli in una vasca lustrale, alimentata con l’acqua di una sorgente. Il battistero, sorto su di una preesistente struttura pagana, fu al centro di un’attività di cristianizzazione e di evangelizzazione delle circostanti contrade, svolta grazie alla diocesi che a Marcelliano sembra essere stata istituita intorno al IV secolo. Nell’alto medioevo il luogo aveva preso il nome di Marcellianum. Il borgo adiacente al Battistero scomparve probabilmente a causa delle scorrerie dei Saraceni. Nel XII secolo sulle macerie del battistero fu costruita una chiesa dedicata a S. Giovanni Battista donata da Ruggero II Normanno ai cavalieri dei Templari. All’inizio del XIX secolo, a seguito della soppressione dell’ordine dei padri di S. Antonio Abate, che ne avevano preso possesso, entrò a far parte del Regio demanio.

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